Moro, altro brandello di verità ma non è quello dei brigatisti

Aldo Moro fu assassinato a sangue freddo da un killer spietato che gli sparò tre colpi di pistola al cuore  mentre era seduto in posizione eretta sul sedile posteriore della R4 rossa in cui venne rinvenuto cadavere, rannicchiato nel portabagagli dell’utilitaria rossa, in cui venne stipato a forza. A rivelarlo è oggi, a distanza di oltre 40 anni l’ex parlamentare democristiano, Beppe Fioroni, già presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro. Un ennesimo brandello di verità postuma che smentisce la ricostruzione dell’omicidio dello statista democristiano offerta agli inquirenti dai brigatisti rossi Moretti, Maccari e Braghetti, che si sono sempre dichiarati autori materiali dell’assassinio. <Moro-ha dichiarato Fioroni parlando al Centro studi americano di Roma- è morto dissanguato e la sua agonia è durata dai 15 ai 40 minuti. Ucciso a sangue freddo da un killer spietato, con un grado di crudeltà non indifferente”.

Le affermazioni di Fioroni confermano quanto andiamo sostenendo da tempi non sospetti, vale a dire che nella strage di via Fani e nel sequestro di Aldo Moro, le Brigate rosse, ebbero un ruolo decisamente subalterno, guidate da elementi che di quel sequestro furono i veri strateghi, forti di una preparazione militare che mancava a brigatisti come Morucci, Fiiore, Gallinari e Bonisioli, che aprirono il fuoco con mitragliatrici e pistole sbucando dalle siepi di vicino bar Olivetti, chiuso per lavori, non solo in quel tragico 16 marzo 1978 ma anche il giorno precedente, quello riservato dai terroristi, all’ultimo sopralluogo. Sopralluogo che quasi certamente impegnò anche Antonio Nirta, il boss della ndrangheta, che nella strage ebbe un ruolo determinante, ruolo stranamente sottovalutato e sottacciuto dagli inquirenti,e di fatto confermato, 26 anni dopo, in un’intervista da Alberto Franceschini, il fondatore delle Br. “Un’operazione di grande portata come quella non la fai se non hai qualcuno alle spalle che ti protegge. Ai miei tempi, noi militarmente, ERAVAMO IMPREPARATI. Io conosco quelli che hanno portato a termine l’operazione: gli unici ad avere un minimo addestramento potevano essere Moretti e Morucci. Ma secondo me c’era una situazione generale di protezione, un contesto di cui erano consapevoli uno o due dell’intero commando”, spiegò Franceschini che aggiunse: “nel sequestro Moro furono utilizzate tecniche che non avevano nulla a che fare col nostro tipo di azione”. Ed ecco spiegata,ad esempio, la presenza alle 9 del mattino, di quel 16 marzo 1978, del colonnello del Sismi Guglielmi, che invitato a spiegare il perchè della suddetta presenza, spiegò di trovarsi lì perchè invitato a pranzo da un amico che abitava in zona. Alle 9 del mattino, ora del cappuccino!

Romano Tripodi

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